CULTURA &TEMPO LIBERO

 
 
 
 
HOME DEL DOSSIER

I magnifici sette più uno

Interviste

Il Festival

Cronaca

I trailers

Foto e video

Cannes gay, dal Brokeback Mountain israeliano alla strana coppia Carrey-McGregor

commenti - |  Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci
21 maggio 2009

Se il concorso ci sta regalando campioni che sparano a salve molto spesso, mettendo il naso fuori dai recinti della selezione ufficiale continuano le belle sorprese. Tra queste, due film che parlano di amori omosessuali, l'israeliano Eyes wide open e l'americano indipendente I love you Phillip Morris, con la strana coppia Jim Carrey- Ewan McGregor, uno al Certain Regard, l'altro alla Quinzaine. Al concorso invece passa l'ultimo dei favoriti, Michael Haneke. E il suo affresco familiare di un villaggio tedesco agli albori della prima guerra mondiale è ambizioso ma non del tutto riuscito. Almeno per gli standard di un genio come lui.

Il nastro bianco- Concorso
Dai dietrologi Haneke veniva definito come il superfavorito. La sua attrice feticcio Isabelle Huppert come presidente di giuria, un gioco di coincidenze per cui i più meritevoli probabilmente non vinceranno: difficile che Loach arrivi alla seconda Palma d'Oro in tre anni, così come che Audiard bissi il trionfo francese di Cantet. Ma Haneke, con la sua scuola maledetta del 1913 (raccontata fino all'attentato riuscito di Sarajevo che scatenerà il primo conflitto mondiale), nascosta in un villaggio del nord della Germania, non sembra la strada maestra per arrivare alla Palma. Haneke racconta una storia che vorrebbe essere un thriller sociopatico dei suoi, un anno vissuto pericolosamente in una comunità che vede un attentato alla vita del suo medico (un cavo teso tra due alberi fa inciampare il suo cavallo), un incendio e due bambini torturati, Sigi e Karli. Un insieme di brutalità e crudeltà, soprattutto mentale, fanno da contorno a una saga familiare e paesana in cui tutti hanno una colpa da farsi perdonare e molti scheletri nell'armadio. Niente di nuovo sotto il cielo di Haneke (c'è pure la pupilla Susanne Lothar tra i protagonisti) che ci offre i suoi mondi sbagliati con un occhio visivamente neutro ma che cerca ciò che altri non vedono né forse capiscono. Ma non c'è la ferocia, la genialità consueta: Haneke qui sembra più il Bergman dei poveri (o, per alcune immagini disturbanti, il Von Trier dei ricchi), una replica blanda di sé e di un certo stile di cinema e di analisi. Piacciono però certe caratterizzazioni: alcuni dei bambini (che forse costituiscono una società segreta) e il pastore. Troppo poco, e diluito in 144 minuti in bianco e nero che, come mai capita con lui, sfiancano anche il più volenteroso degli spettatori.

I love you Phillip Morris- Quinzaine des Realisateurs
Iniziamo dalla fine. Questo film ha trovato una distribuzione dopo tantissimo tempo, in America (in Italia Lucky Red l'ha preso in tempi non sospetti, il solito fiuto). Eppure è discreto cinema indipendente dal buon valore commerciale e ha nel cast due divi come Jim Carrey ed Ewan McGregor. Una commedia tra truffe e amori appassionati, un Prova a prendermi gay che ha momenti entusiasmanti se pur annegati in molte, troppe indecisioni. Ma non sono stati dubbi critici a fermare i distributori, bensì un lungo bacio tra l'idolo eterosessuale Ewan e il commediante per famiglie Jim, il loro andare oltre i clichè che la Hollywood puritana gli ha cucito addosso, oltre i target per cui gli studios hanno programmato la loro carriera. E così è arrivata la Quinzaine a sbugiardare i moralisti (e a fare un altro gran colpo mediatico, dopo Coppola) anche se poi, alla fine della proiezione si rimane un po' con l'amaro in bocca. Si ha la sensazione che gli esordienti Ficarra e Requa, dopo la scelta difficile del soggetto abbiano preso poi continue scorciatoie nella sceneggiatura, riuscendo ad annacquare tutte le loro ottime intenzioni nella totalità del film, intuendo solo alcune geniali scene, quasi degli sketch. Carrey è il solito mattatore, McGregor si conferma l'eccellente spalla che è dall'inizio della carriera. Non ci stupirebbe se fosse nato un "amore", un sodalizio professionale.

Eyes wide open- Certain Regard
Haim Tabakman, segnatevi questo nome. Se Ang Lee ha reso romantico e accettato dal mainstream l'amore gay al cinema, con tanto di Oscar, questo regista israeliano tenta il suo Brokeback mountain laddove non può neanche essere pensato: tra gli ebrei ultraortodossi, studenti della Torah e addirittura membri di drappelli di difesa e del rispetto delle sacre scritture. Un macellaio kosher incontra un giovanissimo studente, sono accomunati proprio dallo studio della Torah. E da una notte di pioggia in cui il secondo si ritrova senza riparo e disoccupato. Nasce un rapporto appassionato, un inevitabile abbandonarsi ai piaceri della carne (nello sgabuzzino della macelleria, ovvio), un brillante ritratto di un amore reso impossibile dal bigottismo, nemico giurato di questo festival, da Park Chan-Wook ad Amenabar, passando per Bellocchio. Un film poetico e duro, uno speciale esempio di quanto il Certain Regard sia sempre una miniera di belle pellicole, pur se spesso sottovalutata.

21 maggio 2009
© RIPRODUZIONE RISERVATA
RISULTATI
0
0 VOTI
Stampa l'articoloInvia l'articolo | DiminuisciIngrandisci Condividi su: Facebook FacebookTwitter Twitter|Vota su OkNotizie OKNOtizie|Altri YahooLinkedInWikio

L'informazione del Sole 24 Ore sul tuo cellulare
Abbonati a
Inserisci qui il tuo numero
   
L'informazione del Sole 24 Ore nella tua e-mail
Inscriviti alla NEWSLETTER
Effettua il login o avvia la registrazione.
 
 
 
 
 
 
Cerca quotazione - Tempo Reale  
- Listino personale
- Portfolio
- Euribor
 
 
 
Oggi + Inviati + Visti + Votati
 

-Annunci-